La Polenta è take away
A Bergamo nasce il fast food nostrano
Nulla. E’ proprio quello che ha pensato Marco Pirovano, bergamasco di 29 anni, quando si è deciso ad aprire la sua polenteria nel capoluogo orobico. Un take away chilometro zero che propone il piatto più rappresentativo della tradizione culinaria bergamasca. Il nome non poteva che essere “Polent-one” ed è sicuro che il menu è più bergamasco che mai.
Com’è nata l’idea di una polenteria take away? Una notte in giro con gli amici. Locali chiusi e una gran fame. A un tratto ho pensato che ci sarebbe voluta una bella polenta. Il locale è stato inaugurato una settimana fa e devo dire che ha riscosso un grande successo.
La polenta bergamasca si cuoce nel paiolo di rame, come si fa in un locale come il suo?Ho trovato dei macchinari particolari che cuociono la polenta e mi permettono di servirla alla spina. Più o meno come i macchinari per le gelaterie. Per quanto riguarda invece la scelta degli ingredienti, mi sono affidato alla tradizione. Acquisto farina bramata e di grano saraceno (quella per la polenta taragna ndr) da un molino di Curno, l’unico riconosciuto dalla Camera di Commercio di Bergamo, che lavora ancora con macine di pietra.
Il menu del locale di Pirovano è assolutamente legato alla tradizione. Polenta alla spina con ragù di cinghiale, “furmai de mùt”, “strachì” (formaggi della tradizione) e delle vere chicche culinarie uscite dalle cucine delle nonne bergamasche: gli “sghinsciùlì”, ovvero palline di polenta fritta ripiene di taleggio fuso. Altro che hamburger e patatine, nell’era della globalizzazione culinaria in Borgo Santa Caterina a Bergamo si pasteggia a “pulènta e pà e strinù” (polenta e panino con la salamella).
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